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Technopolis: Il braccio di ferro tra Bitcoin e Media




Qualcuno lo definisce una “bolla”, per altri invece è il “nuovo oro”. La criptovaluta più famosa al mondo ha fatto parlare molto di sé negli ultimi mesi, ma è possibile che i toni della copertura mediatica online abbiano influenzato il suo prezzo? Abbiamo provato a capirlo.

Il 12 settembre 2017 Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan, la più grande banca degli Stati Uniti, definisce i bitcoin “una frode” e minaccia di licenziare qualunque dipendente dell’istituto venga scoperto a fare trading sulla criptovaluta. Una presa di posizione molto decisa, che contribuisce nei giorni immediatamente successivi a far deprezzare la moneta virtuale più famosa del mondo di oltre il 30%. Ma, ignorando le parole di Dimon, gli investitori tornano comunque a puntare sul bitcoin, facendone lievitare il prezzo fino allo sfondamento dei ventimila dollari, avvenuto il 17 dicembre. In quel momento qualcosa si rompe e inizia la discesa. In meno di quattro mesi (al momento di andare in stampa) il bitcoin ha perso circa i due terzi del suo valore e la volatilità costante che lo caratterizza rende vana qualsiasi previsione su una possibile direzione futura.

Per questo, usando gli strumenti di analisi messi a disposizione dalla startup Socialbeat (di cui parliamo a pag. 32), abbiamo deciso di “leggere” il passato per provare a capire come sia nato il fenomeno bitcoin e perché il valore di questa moneta virtuale sia cresciuto così rapidamente, per scendere poi altrettanto velocemente. Per arrivare ai nostri risultati abbiamo recuperato gli articoli sulla criptovaluta pubblicati dal 31 luglio 2017 al 5 marzo 2018 sulle principali testate online mondiali, soppesandone la viralità in termini di “beats” (aggregato delle interazioni generate sui principali social network, espresse come sommatoria di “like”, commenti e condivisioni generati dagli articoli pub- blicati) e prendendo in considerazione quelli più impattanti a livello social. I “beats” generati dalle principali notizie sono stati poi correlati all’andamento del prezzo medio settimanale del bit- coin, allo scopo di rilevare eventuali nessi tra i due fenomeni (nota bene: non si tratta di un’analisi finanziaria). Innanzitutto, è interessante capire quale notizia abbia fondamentalmente rappresentato lo spartiacque tra la fase rialzista della moneta digitale e quella ribassista. L’11 dicembre la Cnbc rende noto un fatto sconvolgente: numerosi cittadini statunitensi stanno accendendo dei mutui per comprare bitcoin, segno di come la frenesia che circonda la criptovaluta abbia forse raggiunto livelli incontrollabili. La news è quella che accumula il numero maggiore di “beats” ed è quindi la più virale in assoluto. La corsa agli acquisti dura ancora poco e il 17 dicembre, dopo aver infranto per una manciata di minuti la soglia psicologica dei ventimila dollari, la moneta virtuale cambia improvvisamente trend e in cinque giorni perde il 40%.


Che cosa può essere successo?

Le notizie pubblicate dai media, che da ottobre stanno coprendo quotidianamente l’incredibile cavalcata del bitcoin, non aiutano sicuramente a tranquillizzare i nervi di investitori alle prime armi, che si sono gettati a capofitto sulle criptovalute sperando di guadagnare in tempi brevi. Le monete digitali sono da sempre caratterizzate da una volatilità estrema e non è insolito che crescano o scendano di diversi punti percentuali in pochi minuti. I primi scricchiolii potrebbero avere indotto i neofiti a lasciare subito le proprie posizioni, scatenando così una sequenza di vendite a raffica.

Ma è più interessante valutare il sentiment delle notizie pubblicate. Da settembre a ottobre, quando anche i media contribuiscono in modo decisivo ad alimentare il fenomeno bitcoin, il “tono” delle news più virali è sostanzialmente positivo. Vengono sottolineati i benefici della blockchain, su cui si basano le criptovalute; si parla di nuovi business che nascono e che permettono agli imprenditori di arricchirsi accettando pagamenti in bitcoin; vengono sviluppate applicazioni di successo (come CryptoKitties) e così via.


Da gennaio, invece, l’umore muta: si parla sempre più di “bolla” e di “crolli”; una donna viene accusata di aver utilizzato le monete virtuali per finanziare l’Isis e nella blockchain viene trovato addirittura del materiale pedopornografico. Una tempesta perfetta, che scoraggia definitivamente gli ultimi arrivati (molto probabilmente in netta perdita) e spegne gli entusiasmi dell’autunno precedente. Un’ulteriore conferma dello stretto legame fra la copertura mediatica e il valore dei bitcoin arriva da Google Trends: nella settimana dell’inversioneditendenza l’indice delle ricerche fornito da Big G tocca cento, il massimo, per poi cambiare rapidamente rotta.


A marzo il valore si è assestato nuovamente sui livelli “standard” di settembre/ottobre. Segno che una nuova tendenza rialzista è all’orizzonte? Considerata la natura imprevedibile del bitcoin, tutto è possibile.

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